Il mio Consiglio - Febbraio 2000
di Vittorio Ciocca

Nel contributo di questo mese ho deciso di intervenire su un argomento "difficile", poco concreto, forse, ma importante perché regola la vita amministrativa, i rapporti tra maggioranza e minoranza e, più in generale, i rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione. Oggi i Consigli Comunali hanno perso molte delle caratteristiche di partecipazione diretta e di confronto che li hanno caratterizzati per decenni e questo grazie anche alle regole che sono mutate e che hanno privilegiato la governabilità a discapito del confronto e della democrazia e che li hanno svuotati di molte delle decisioni che prima potevano essere prese nel proprio seno. Tuttavia l'aspetto istituzionale rimane un ambito importante e prioritario per tentare di non arrendersi allo status quo.

Lo Statuto comunale, facendo le debite proporzioni, sta al Comune come la Costituzione sta allo Stato: attraverso lo Statuto si tratta cioè di definire le regole attraverso cui amministrare una comunità, stabilendo ruoli, compiti, diritti e doveri di ognuno degli organi preposti alla gestione della cosa pubblica. A costo di "stare sulle generali" è opportuno che tutti si riconoscano sulle modalità decise ed esse stesse possano costituire la base di partenza su cui costruire il confronto delle idee e la varietà delle scelte di ogni forza politica a cui è stato assegnato un ruolo istituzionale. Per Gaggiano non è più così: in un clima quasi sempre informale, tra l'indifferenza della comunità locale, si è consumato uno strappo, una lacerazione destinata a pesare sul futuro della politica gaggianese. Per la prima volta lo Statuto comunale è stato approvato con i voti contrari di due forze politiche: Rifondazione Comunista e Gaggiano Futura. Da parte mia posso dire di avere meditato a lungo prima di esprimermi in modo così netto perché sono consapevole del fatto che un voto contrario è sempre un atto d'accusa e questo lo è, a maggior ragione, nei confronti di una maggioranza che è disponibile al dialogo solo a parole o quando ciò non implichi costi politici. Di fatto l'amministrazione Gatti non è disponibile a trattare su nulla che non sia marginale, agevolata in questo da regole che le permettono una maggioranza "blindata". Ma veniamo ai fatti. I motivi di forte contrasto con la maggioranza, da parte mia, sono stati essenzialmente due, pochi, se vogliamo, ma sostanziali e, soprattutto, non conciliabili.

IL CRITERIO DI SUSSIDIARIETA'
La prima questione riguarda proprio tale criterio che Gatti ha voluto introdurre nello Statuto. All'art.4, commi 3 e 4 la proposta della maggioranza, poi approvata, recita: "Il Comune è titolare di funzioni proprie e di quelle conferite con legge dello stato e della regione, secondo il principio della sussidiarietà. Sempre secondo tale principio di sussidiarietà alcune di tali funzioni possono essere esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini, purché tale iniziativa venga poi confermata o ratificata dal Consiglio comunale." Nel mio intervento ho voluto ricordare che il concetto berlusconiano di sussidiarietà, peraltro ampiamente condiviso ed applicato dal Presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni che, ad esempio in campo sanitario, sta allegramente finanziando il privato anche a garanzia zero (si ricordi la tragedia del Galeazzi), sottende un principio ideologico e come tale non può e non deve entrare nello Statuto che dovrebbe essere di tutti. Ho anche cercato di informare il Consiglio che si tratterebbe dell'unico Comune della zona che nello Statuto inserisce tale principio, ma questa volta alla maggioranza, sempre prodiga in paragoni quando deve dimostrare la sua presunta superiorità, non ha interessato granché. Non sono riuscito neppure a "stanare" i compagni diessini che, mi immaginavo, avessero qualche remora in più ad approvare questa ritirata del Comune dal suo ruolo tradizionale e riconosciuto, per lo meno dai Partiti della sinistra storica. Tutto è caduto nel vuoto e la maggioranza ha fatto quadrato.

LA PRESIDENZA DELLE COMMISSIONI E IL RUOLO DELLA MINORANZA
Le variazioni dello Statuto si sono rese necessarie alla luce della legge del 3 agosto 1999 nº 265 approvata dal Parlamento e che annuncia "Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonché modifiche alla legge 8 giugno 1990, nº 142". L'art. 1 di tale legge specifica tra l'altro: "Lo statuto, nell'ambito dei principi fissati dalla legge, stabilisce le norme fondamentali dell'organizzazione dell'ente, e in particolare specifica le attribuzioni degli organi, le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze, prevedendo l'attribuzione alle opposizioni della presidenza delle commissioni consiliari aventi funzioni di controllo o di garanzia, ove costituite". L'amministrazione Gatti l'ha tradotta nella seguente norma statutaria (art. 21): "Il Consiglio può istituire Commissioni consiliari speciali incaricate di esaminare argomenti ben determinati ritenuti di particolare interesse ai fini dell'attività del Comune, nel caso di costituzione di Commissione con funzioni di garanzia questa deve essere presieduta da un consigliere di minoranza." Dietro mia insistenza hanno accettato di aggiungere anche la funzione di controllo, ma pur con questa aggiunta la norma suona pressappoco così: la minoranza stia al suo posto, meglio se non dà noia! Una cosa, però, sono riuscito ad ottenerla: dell'articolo 16 è passata la mia versione. I consiglieri non residenti nel capoluogo non avranno come rimborso una quota forfetaria, bensì per le spese effettivamente sostenute, come previsto dalla legge!


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